00 08/04/2009 20:08
Camminava nella sua città senza fermarsi, come se stesse cercando qualcosa, invece lo faceva solo per dar corso ai suoi pensieri e per rimettere ordine alla sua vita. Da quando era tornato a Venezia aveva fatto lunghe passeggiate, sempre da solo e sempre senza darsi una meta precisa, amava profondamente immergersi nei colori e nei suoni di questa città. Era andato via da Venezia da giovane per inseguire un sogno e ne era tornato da uomo senza aver realizzato nulla di quello che si era prefisso. Si rivedeva ancora ragazzino e poi adolescente andare in giro a fotografare gli angoli nascosti, le persone, armato di tanto entusiasmo e convinto che sarebbe diventato un grande fotografo. Rivedeva ancora le prime mostre fatte in città, in stanze semibuie, frequentate solo da parenti e da amici, le prime emozioni nel far vedere i suoi lavori agli altri. Aveva 18 anni, una fede incrollabile nel futuro, come tutti i giovani, e una voglia prepotente di realizzare tutti i suoi sogni. A 20 anni dopo il militare aveva abbandonato Venezia e si era trasferito a Roma, convinto che quella città gli avrebbe schiuso le porte alla fama e alla celebrità. Aveva trovato lavoro in una agenzia, dove faceva il fotografo freelance e intanto continuava a immortalare volti, persone e quanto gli capitava intorno. Lentamente giorno dopo giorno la sua ispirazione era venuta a mancare ed era scivolato dentro un lento ma inesorabile tran tran quotidiano, fatto di lavoro e di affetti mancati. Si era sentito insoddisfatto della sua vita, del suo mondo e si era chiuso in se stesso non uscendo più alla sera, nonostante le numerose sollecitazioni delle persone che lo conoscevano. Poi poco a poco non lo avevano più chiamato e lui si era ulteriormente isolato, entrando in una deriva pericolosa che lo aveva portato quasi alla depressione. Un giorno aveva fissato a lungo il Tevere da un ponte e per un attimo gli era passato il pensiero di gettarsi di sotto e farla finita con questa vita, che non aveva dato i frutti sperati. Si era spaventato ed era corso in Stazione per acquistare un biglietto del treno per la “sua” Venezia, tagliando di netto con il passato senza voltarsi indietro. Era passato un mese da quella fuga e dopo un inizio difficoltoso aveva ricominciato ad uscire di casa, magari nelle ore in cui sapeva di non trovare nessuno dei suoi vecchi amici. Tutto uguale fino a quel giorno, che passando davanti alla camera dei suoi genitori aveva visto, appoggiata sul comò, la macchina fotografica di quando era ragazzo e d’istinto l’aveva presa e se l’era infilata nello zainetto. Era uscito di casa e si era incamminato verso una delle zone che conosceva meno dalle parti dell’Arsenale, accompagnato come al solito dai suoi pensieri che non lo lasciavano mai. Stava camminando da un paio d’ore quando improvvisamente aveva visto una cosa che aveva attirato la sua attenzione, c’era una ragazza che stava stendendo la biancheria sul balcone di una casa. Era una di quelle immagini che lo avevano sempre affascinato fin da bambino, con le corde che andavano da una casa all’altra e che attraversavano una calle o un canale. Era simile a tante altre immagini, la differenza la faceva la ragazza di una bellezza antica, sembrava una di quelle donne del ‘500, che si sporgeva in maniera quasi innaturale e che dava l’impressione di cadere da un momento all’altro. Si rammaricò di non avere con se la macchina fotografica, poi improvviso un “flash”, ce l’aveva eccome, si era portato dietro la sua vecchia macchina e dentro c’era ancora un rullino nuovo, comprato probabilmente da suo padre. La tirò fuori, inserì il rullino e scattò la foto, in quel preciso istante sentì che la vita stava ricominciando dentro di se e che aveva finalmente ritrovato la gioia di vivere, pronto ad affrontare questa nuova rinascita.

[Modificato da dr.oste 08/04/2009 20:57]